“Scoperto un vaccino universale contro il cancro”. Una notizia che farebbe sobbalzare chiunque dalla sedia, specialmente se quel chiunque ha un familiare che da tempo lotta contro un tumore. Eppure quella notizia è stata data, per la precisione la sera di mercoledì 1 giugno 2016. Siamo di fronte ad una vera e propria rivoluzione o all’ennesima sparata di chi si occupa di “fare informazione”? Se non volete dilungarvi nella lettura di questo post ecco a voi la risposta: no, ad oggi non esiste nessun vaccino universale contro il cancro.
Il vaccino sviluppato da un gruppo di scienziati tedeschi –che non previene il cancro bensì lo attacca e dunque viene chiamato “vaccino terapeutico”- ha dimostrato essere efficace (studi effettuati sui topi e su 3 persone) in alcuni casi di melanoma agendo attraverso la stimolazione del sistema immunitario. Una strategia utilizzata da anni –l’immunoterapia- che oggi ha già portato sul mercato diversi farmaci in grado di cambiare la storia di diversi tumori. Non è un caso che proprio in questi giorni, al congresso ASCO -il più importante appuntamento nella lotta al cancro-, gli oncologi di tutto il mondo siano a discutere di immunoterapia.
La vera novità dello studio tedesco pubblicato su Nature è nella modalità con cui viene stimolato il sistema immunitario, teoricamente valido per qualunque tumore. Un approccio promettente –ancora in gran parte da valutare- che al momento è ancora ben lontano dall’essere considerato cura universale. Perché allora tutta questa enfasi per la notizia da parte dei media nostrani? L’interesse dei media per la vicenda è iniziato in mattinata quando le agenzie stampa (ANSA ecc…) hanno cominciato a divulgare sotto embargo (per i profani, si tratta di comunicare in anteprima ai giornali una news che uscirà ufficialmente qualche ora dopo) la notizia dal titolo “scoperto un vaccino universale contro il cancro”. Con un “lancio di agenzia” del genere le redazioni sono entrate in fibrillazione. Una notizia troppo ghiotta per lasciarsela scappare. Purtroppo però, come sempre più spesso accade, il tempo per approfondire è sempre meno e la presenza di interna di giornalisti qualificati del settore è al minimo storico. Risultato? Alle ore 19, alla scadenza dell’embargo, telegiornali e siti web annunciavano la notizia “bomba”.
Prevedendo che sarebbe andata in questo modo ho provato a cercare sui media esteri traccia della notizia. In fondo una news del genere dovrebbe comparire su tutti i siti web del mondo. Ricerca vana, non una riga sul New York Times, qualche articolo che riporta la scoperta -giustamente- senza troppo sensazionalismo. La mattina seguente, il 2 giugno, stessa storia. Molti quotidiani hanno dedicato uno spazio in prima pagina alla notizia. Una delle poche eccezioni -tra i giornali cartacei- è Repubblica, a lei il merito di aver dedicato solo poche righe -senza richiamo in prima- raccontando la notizia per quella che è, un buono e promettente studio.
Credo che il primo compito di un giornalista che si occupa di salute sia quello di non creare facili illusioni in chi legge, specialmente se si scrive di patologie come il cancro. Per scrivere di salute occorre avere quelle competenze che ti consentano di contestualizzare ciò che stai raccontando. Finché dai notizia del nuovo laser che ti permetterà di non fare più la ceretta è un conto, per altri argomenti meglio lasciare perdere il sensazionalismo. Lo si faccia almeno per rispetto di chi oggi sta affrontando la malattia. La ricerca avanza per piccoli passi. Diffidare da chi vuol far credere che basti una soluzione semplice ad un problema molto complesso. Per quelle ci hanno già pensato Di Bella e Vannoni. Non mettiamoci ora anche noi giornalisti.
Per maggiori approfondimenti sulla notizia a questo link potete trovare un mio articolo, pubblicato da Fondazione Veronesi, in cui cerco di contestualizzare la notizia del “vaccino universale: