Una scena del genere non era riuscito ad immaginarla nemmeno Guareschi nel suo Don Camillo. A Prato invece tutto è possibile. Proprio tutto. Un esempio? Celebrare il compleanno della Beata Vergine Maria il 9 settembre anziché l’otto. Un’impresa che non era riuscita mai a nessuno. Colpa del prolungarsi del corteggio storico, dicono. E così, dopo decenni, accade che l’ostensione del sacro cingolo della Madonna -appuntamento simbolo della città di Prato- viene relegata ad evento di serie B, alle ore 00:30 del giorno successivo, in una piazza del Duomo quasi deserta e con il vescovo costretto ad accelerare il suo discorso.
Una situazione assai spiacevole che non è frutto solamente di manifesta incapacità organizzativa. Sono cose che capitano, verrebbe da dire. Invece no. Quel che è accaduto non è altro che lo specchio della società in cui viviamo. Una società che si vergogna delle proprie origini, che vuole cancellarle perché potrebbero offendere qualcuno. Meglio allungare il corteggio storico con esibizioni e canti che di pratese hanno ben poco. Quelle sì che sono tradizioni. Per la predica del vescovo e l’esibizione di un pezzo di stoffa della dubbia provenienza c’è tempo…
Credenti o meno, chiunque abbia passato qualche anno a Prato sa benissimo quanto la città sia legata all’ostensione del sacro cingolo. Quanto è successo non è da archiviare con un banale “ci siamo organizzati male”. Fossimo stati in un film Don Camillo, per non fare sgarbo alla Madonna, sarebbe salito sul campanile e avrebbe tirato indietro le lancette dell’orologio. Poi avrebbe lanciato qualche panca della chiesa contro i responsabili del ritardo. Peppone avrebbe capito e il giorno successivo sarebbe andato ad accendere un cero alla Madonna. E a Prato?