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Sono 129 i valori del sangue alterati dal lavoro su turni

129. E’ il numero di proteine circolanti nel sangue i cui valori risultano anomali quando si lavora di notte. Alterazioni importanti che espongono la persona ad un aumentato rischio di sviluppare diabete e obesità. Ad affermarlo è uno studio pubblicato dalla rivista PNAS ad opera dei ricercatori della University of Colorado (Stati Uniti).

Cambiare orari altera l’espressione di 129 proteine

Per arrivare a questo risultato gli scienziati statunitensi hanno sottoposto sei giovani adulti ad una settimana di repentino cambio di “orari” quotidiani per simulare ciò che avviene quando si lavora su turni o si viaggia da un continente all’altro. La peculiarità dello studio però è stata quella di valutare ogni 4 ore, grazie ad un prelievo sanguigno, i livelli di oltre 1100 proteine la cui produzione è dipendente dai ritmi circadiani.

Dalle analisi è emerso che l’alterato ritmo sonno-veglia tipico di chi svolge un lavoro su turni porta ad un’anomalia dell’espressione di 129 proteine. Da un punto di vista temporale l’alterazione più evidente è quella dell’orario in cui vengono prodotte e secrete nel sangue. Ciò a cui hanno assistito i ricercatori è stata una completa inversione dei tempi di produzione. Le proteine che normalmente raggiungevano nelle ore diurne il picco massimo a livello plasmatico in realtà erano maggiormente secrete nella notte e viceversa.

Diabete e chili di troppo: ecco perché chi lavora su turni rischia di più

Tra queste ad essere alterata maggiormente è il glucagone, l’ormone prodotto dal pancreas per stimolare il rilascio di glucosio dalle cellule al circolo sanguigno. Quando i volontari restavano svegli la notte i livelli dell’ormone raggiungevano il picco massimo nelle ore notturne anziché diurne. Non solo, il picco è risultato mediante più alto della norma e questo –secondo i ricercatori- rappresenta la prova del perché i lavoratori che fanno turni la notte sono maggiormente predisposti a sviluppare il diabete.

Ma c’è di più: un’altra proteina ad essere particolarmente alterata dal “lavoro notturno” è FGF19. Diversi studi in modelli animali hanno mostrato che questo fattore di crescita è in grado di stimolare il consumo energetico e che dunque una sua maggior produzione è responsabile dell’aumentato consumo di calorie. Dalle analisi è emersa una minor produzione di FGF19 negli individui sottoposti al test. Un risultato in linea con il dato che vede una diminuzione del 10% circa di calorie consumate da chi lavora di notte rispetto a chi lavora seguendo il normale ritmo sonno-veglia.

“Le evidenze emerse da questo lavoro –spiega Kenneth Wright, direttore del Laboratorio Sonno e Cronobiologia della University of Colorado – suggeriscono che quando siamo soggetti a jet-lag o effettuiamo una turnazione lavorativa notturna di un paio di giorni, andiamo ad alterare molto rapidamente la nostra fisiologia in una maniera che, se persistente, può diventare dannosa per la salute”.

Il lavoro notturno è un fattore di rischio

Ma se lo studio dei ricercatori statunitensi è stato il primo ad indagare quali sono le principali anomalie nella produzione di proteine, che il lavoro su turni esponga ad un aumentato rischio di malattie è ormai cosa nota. Già dal 2007 l’International Agency for Research on Cancer (IARC) di Lione ha inserito il “lavoro su turni che comporta un’alterazione dei ritmi circadiani” fra i possibili fattori che agevolano lo sviluppo di alcune forme tumorali.

Non solo, in un imponente studio del 2015 –che ha coinvolto 75 mila infermiere osservate per 22 anni- pubblicato sull’American Journal of Preventive Medicine, è emerso che le donne che avevano lavorato con turni per un periodo dai 6 ai 14 anni, avevano un rischio di morte per malattie cardiovascolari maggiore del 19%. Rischio che arrivava al 23% per periodi lavorativi più lunghi di 15 anni.

Per minimizzare gli effetti di questa sorta di jet-lag esistono però alcuni piccoli accorgimenti: preferire rotazioni in senso orario piuttosto che antiorario, programmare turni il più possibile regolari e lasciare tra un turno e l’altro un tempo sufficiente al recupero delle ore di sonno e dalla fatica -evitando due turni nelle 24 ore- sono solo alcune delle strategie da adottare per ridurre l’impatto.

(Articolo originale pubblicato su La Stampa, 5 giugno 2018)

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Il cancro è una cosa seria. Iset, l’analisi del sangue per trovare i tumori, un po’ meno

Oggi nessun esame del sangue può essere utilizzato per fare diagnosi precoce di cancro. Non ci riesce Iset e non ci riescono la miriade di test simili messi a punto nei laboratori di mezzo mondo. Eppure da diverse settimane in molti organi di informazione (“Otto e mezzo” su La7, “Corriere della Sera” e “Porta a Porta” in Rai) non si fa altro che parlare della miracolosa tecnica Iset (Isolation by Tumor Size), messa a punto dall’oncologa italo-francese Patrizia Paterlini-Bréchot, che consentirebbe si scovare la presenza di un tumore attraverso un semplice esame del sangue. Un’esposizione mediatica non indifferente che ha sortito diversi effetti come, ad esempio, la nascita di petizioni online che chiedono al Ministero di poter erogare gratuitamente il test per ogni cittadino.

ISET, UN TEST “VECCHIO” ANCORA DA VALIDARE

Scoperta rivoluzionaria o abile mossa di marketing? Decisamente la seconda. Tutto questo interesse da parte dei “giornalisti” nasce essenzialmente dal fatto che l’oncologa italo-francese ha appena pubblicato con Mondadori il libro “Uccidere il cancro“. Un volume in cui narra la sua storia e, in particolare, come grazie al suo test potremo arrivare a diagnosticare il cancro con largo anticipo grazie ad un semplice prelievo di sangue. Il concetto che emerge prepotentemente nel libro è il seguente: Iset è in grado di individuare la presenza di cellule tumorali all’interno del sangue addirittura diversi anni prima che il tumore sia visibile con le attuali tecniche diagnostiche. Un messaggio che non è assolutamente supportato da evidenze scientifiche. Non solo, andando a ben vedere Iset pare essere una tecnica già vecchia, con dei forti limiti, e molto poco utile rispetto ad alcuni test oggi in sperimentazione. Ecco i 3 principali limiti della tecnica (non infieriamo sul fatto che ad oggi c’è solo un ristretto studio francese che da ragione della tecnica. Un po’ poco per spacciare il metodo come ciò che ci salverà dai tumori):

Iset pur isolando cellule cancerose circolanti non ci dà nessuna informazione sull’origine e sulle caratteristiche del tumore. Caratteristiche che andrebbero comunque indagate in un secondo momento attraverso altre analisi specifiche

La presenza di cellule cancerose nel sangue non significa che c’è per forza un tumore. Il nostro sistema immunitario infatti può fermare sul nascere la presenza di eventuali cellule anomale. Non solo, proprio grazie ad esso non tutte le cellule tumorali danno per forza origine a metastasi in quanto vengono eliminate prima che possano invadere altri tessuti

Molto spesso quando si arriva ad ad avere cellule tumorali circolanti nel sangue significa che il tumore ha raggiunto una massa tale da poter essere individuato attraverso tecniche diagnostiche quali TAC, ecografia e risonanza magnetica

LE ANALISI DEL SANGUE SERVONO A MONITORARE IL CANCRO, NON A DIAGNOSTICARLO

A scanso di equivoci: Iset non è una truffa. E’ una tecnica di tutto rispetto che però è ferma al 2000. Oggi grazie ad un prelievo di sangue non si va più a cercare grossolanamente una cellula tumorale bensì i suoi biomarcatori (Dna, microRNA ecc…), ovvero le sostanze che il tumore rilascia. Molecole che ci dicono in maniera molto precisa quale tumore abbiamo davanti. La cosiddetta “biopsia liquida” Tecniche ancora in via sperimentale che però già ora possono essere sfruttate per monitorare l’evoluzione del tumore e la risposta alle terapie (qui, se volete approfondire).

GIORNALISTA SCIENTIFICO CHI?

Cosa imparare dunque da tutta questa vicenda? Che lotta ai tumori non la si fa pubblicando libri. Che se una tecnica o una cura è realmente rivoluzionaria non ha eco solo in Italia ma dovrebbe stare su tutti i quotidiani del mondo.  Che basta avere un abile ufficio marketing. Che oggi più che mai il giornalismo è morto. Sì, proprio quest’ultima affermazione è la più vera: perché si decide di dare spazio a notizie del genere senza offrire una chiave di lettura critica? Oggi editori e direttori dei giornali dovrebbero essere maggiormente consapevoli della pericolosità di certe informazioni errate in ambito di salute. Informazioni distorte che non vengono affatto pubblicate da “siti alternativi” ma che trovano spazio su testate che avrebbero il compito di offrire al lettore un’informazione seria, certa, verificata e contestualizzata. Un’informazione che dovrebbe essere fatta da chi ha competenza in materia e non dal primo che è di turno in redazione.

OGGI GLI ESAMI DI ROUTINE CI SALVANO LA VITA

Dire che attraverso un test del sangue è possibile fare diagnosi precoce di tumore è un’affermazione molto pericolosa. Oltre essere un’utopia questa “sparata” rischia di far passare in secondo piano importanti esami già oggi fondamentali per individuare un tumore. Andate a dirlo a chi oggi si è salvato grazie ad una mammografia, ad un controllo dei nei, ad una colonscopia… Nella scienza diffidiamo sempre da chi propone soluzioni semplici a problemi complessi. Il cancro è uno di questi.