Domani a Milano si gioca la finale di Champions League. Ripropongo qui un mio vecchio articolo del 2010… non si sa mai che finisca ai rigori.
“Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore, non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore…”
L’abbiamo riconosciuta tutti, è un pezzo di una canzone “storica” di De Gregori, “La leva calcistica della classe ’68”. Di questi tempi, complici i Mondiali di calcio in Sudafrica, torna più che mai di moda parlare di questo affascinante quanto insidioso gesto calcistico. Gyan, il nome ricorda qualcosa? Nessuno avrebbe voluto ritrovarsi nei suoi panni. All’ultimo secondo della partita aveva l’occasione di portare, per la prima volta al mondo, una squadra africana in semifinale mondiale. Tutti gli occhi di un continente erano su di lui. Il pallone pesava come un macigno.
Se trasformava il rigore sarebbe diventato un idolo nazionale, se l’avesse sbagliato invece… beh, è meglio non pensarci. L’esito lo conosciamo tutti, il rigore è stato calciato sulla traversa e ancora oggi il povero giocatore non si dà pace. Eppure, nella stessa partita, Gyan un penalty l’ha trasformato subito dopo. Peccato però che non fosse più decisivo. Rimane comunque il “coraggio” con cui è stato in grado di rialzarsi e provare nuovamente. In fondo, tutti noi vorremmo sempre una seconda possibilità quando sbagliamo.
Ma è veramente così difficile tirare un calcio di rigore? Cosa ci vuole a far passare un oggetto di poco più di 20 centimetri di diametro per una porta che misura una larghezza di 7 metri e 32 centimetri per un’altezza di 2 metri e 44 centimetri? Anzi, per volerla fare ancor più facile, cosa ci vuole a farla passare in ben 17,86 metri quadrati? Perché tutti questi numeri? C’entra qualcosa la scienza con il calcio? La risposta è sì, e addirittura ci sono scienziati che si occupano di studiare come si tira un calcio di rigore. In particolare, è stata creata la formula per tirare il calcio di rigore perfetto, quella che ogni attaccante vorrebbe usare per non finire come il povero Gyan. Cerchiamo allora di capire come. In fondo ci può tornare sempre utile, fosse anche nel più sconosciuto torneo aziendale!
Chi si è preso l’impegno dello studio è Tim Cable della John Moores University di Liverpool. Il suo gruppo di ricerca ha studiato ore e ore di filmati ad alta definizione relativi ai calci di rigore per trovare la formula per il tiro imparabile. Vi risparmio le formule matematiche. Secondo Cable, uno dei punti fondamentali del rigore perfetto è la velocità da imprimere al pallone. Deve essere di almeno 105 chilometri orari. Scordatevi dunque un “cucchiaio” alla Totti. Per raggiungere una simile velocità occorrono almeno 5-6 passi prima di raggiungere il pallone. Inoltre, bisogna fare attenzione a come si colpisce la palla rispetto alla corsa, non superando l’angolo di tiro di più di 20-30 gradi. E non è finita qui. Se siete riusciti a fare queste due cose, ora arriva la parte più difficile. Il pallone deve essere calciato in un punto preciso, a mezzo metro di distanza tra la traversa e il palo.
Semplice vero? La formula è dunque fatta. Rispettando queste indicazioni sarete sicuri di segnare. Ma il portiere che fine ha fatto? Nessun problema, lui è quello che più di tutti parte svantaggiato. Facendo un paio di calcoli, possiamo dire con buona probabilità che il “malcapitato” riesce a coprire il 72% della superficie di porta. Il restante 28% resta libero. Se tiriamo li dentro il gioco è fatto.
Da quanto abbiamo potuto capire sembra facile realizzare un gol su calcio di rigore. Forse Gyan non aveva studiato abbastanza le indicazioni del professor Cable. O forse l’equazione non ha tenuto conto di un piccola variabile: la paura. Quella che ha anche Nino, il protagonista della canzone di De Gregori.