No, non si tratta di un Nobel mancato (con buona pace del professor Gorio)

GORIO - 01-© Roveri (1)“Il Nobel mancato dell’italiano Gorio. Anticipò lo studio dei due vincitori”. E’ questo il titolo con cui il Corriere della Sera presenta la storia di Alfredo Gorio, farmacologo italiano che rivendica il premio assegnato quest’anno alla coppia di ricercatori che ha contribuito a sviluppare un farmaco, l’avermectina, per la cura delle malattie da parassiti. Come sono andate realmente le cose? Nobel “rubato” o eccesso di protagonismo?

Scrivo queste righe perché quell’articolo pubblicato da Corriere poteva essere il mio. Nei giorni immediatamente successivi all’assegnazione del premio ho avuto il piacere di parlare con Gorio: nell’intervista mi ha raccontato la sua versione dei fatti. Compito del giornalista però è quello di verificare che tutto combaci e per farlo occorre tempo. Inizialmente, preso dall’entusiasmo per quello che giudicavo un piccolo “scoop”, scrissi un articolo abbastanza sbilanciato. Il messaggio era chiaro: Gorio meritava il Nobel. Poi però, confrontandomi con alcuni colleghi (in particolare con caporedattore di Tuttoscienze de La Stampa Gabriele Beccaria e la sua fitta rete di esperti in materia) e facendo le dovute verifiche del caso, abbiamo deciso di darne notizia ridimensionando il tutto.

Mi spiego: dietro ogni premio Nobel per la medicina c’è un lavoro di anni. A vincerlo è il capo del laboratorio, quello che ci mette testa, idee e visione. Non da meno però è il contributo di tanti scienziati che passo dopo passo contribuiscono a raggiungere la meta. Uno di essi è stato Alfredo Gorio. A lui va il merito di aver isolato e caratterizzato il meccanismo d’azione dell’avermectina. Può bastare questo per reclamare il Nobel?

Ricostruiamo la vicenda: i due futuri Nobel nei primi screening effettuati avevano capito che il mix di sostanze prodotte dai microrganismi da loro isolati avevano caratteristiche paralizzanti e che potevano essere sfruttate a fini terapeutici. Per meglio capirne il funzionamento si rivolgono all’allora capo di Gorio, Antony Cerami, che lavorava già su alcuni argomenti simili ai due vincitori occupandosi di tripanosomi e altri parassiti del sangue. La Merck aveva fiutato l’affare e aveva messo i soldi per sviluppare il principio attivo in cambio naturalmente di avere i brevetti. Ching C. Wang, capo del laboratorio di microbiologia della Merck, dà i brodi di coltura a Gorio affinché ne studi le caratteristiche. Cosa significa tutto ciò?

La Merck, intuendo che uno dei principi attivi contenuti nei brodi di coltura doveva a naso interagire con la trasmissione neuromuscolare, commissiona lo studio a Gorio. Lo scienziato italiano in due settimane isola e capisce su quali recettori agisce la sostanza confermando di essere un eccellente farmacologo. Fin qui tutto fila liscio. Lo scienziato italiano con in mano i risultati si reca dalla Merck ed espone quanto scoperto. Come ha dichiarato al sottoscritto nell’intervista e in quella pubblicata da Corriere «l’azienda aveva inizialmente deciso di utilizzare l’avermectina principalmente per le malattie psichiatriche. Fui io ad indicare loro che invece era più appropriato un uso in veterinaria». Un’indicazione di cui però non possono esserci prove. Ma è questa affermazione il vero punto della discordia.

Personalmente –e sentendo il parere di altri esperti- mi riesce difficile credere a questa versione. Il composto da lui isolato, come Gorio stesso scrive nel suo unico articolo scientifico dedicato all’avermectina, appartiene alla categoria dei macrolidi, composti già conosciuti all’epoca per la loro attività antibiotica e quindi già utilizzati in medicina veterinaria. Ecco perché pare abbastanza curioso il fatto che la Merck non avesse già fiutato la possibile applicazione anche in campo veterinario. Non solo, altrimenti perché si sarebbero rivolti proprio a Cerami che si occupava di parassiti del sangue? Infine se Gorio avesse intuito o creduto nella reale efficacia del composto da lui isolato, perché non ha continuato a studiare e a pubblicare su quella molecola, proprio come hanno fatto i due Nobel? Perché, sapendo della sua presunta indicazione rivoluzionaria, Gorio si accorge oggi della scoperta che ha fatto?

Con un solo studio sull’argomento e un’informazione non verificabile («fui io a suggerire l’utilizzo in veterinaria») pretendere il Nobel mi pare un po’ troppo. Nell’articolo che avrei voluto pubblicare si raccontava tutta questa storia. Un articolo equilibrato senza nessun vittimismo. Un racconto di quanto ci sia anche un po’ di Italia nel Nobel di quest’anno. Un pezzo che raccontava anche che Gorio è rientrato in Italia nel 1979 occupandosi di tutt’altra ricerca -occupandosi di medicina rigenerativa- quasi ignaro del contributo che oggi è valso il Nobel per la Medicina. Il pezzo però non vedrà più la luce in quanto non approvato dal professore perché a suo parere non corrisponde a verità.

Dal canto mio penso che il giornalista non sia un megafono, ha il dovere di “amare la verità più di sé stesso”. Sentita una campana deve cercare di verificare tutte le informazioni raccolte per capire se tutto ciò corrisponde o è un racconto parziale. E’ questo quel che ho imparato da questa vicenda e ringrazio Gabriele Beccaria per avermi insegnato come svolgere questo lavoro. Ecco perché ho rinunciato a pubblicare una “notizia sensazionale”. Semplicemente perché non lo è mai stata.

Aggiunto alle ore 15:22 del 28/10/2015: http://dna.kdna.ucla.edu/parasite_course-old/personal%20stories/ccwang/index.aspx

A questo link potete trovare il racconto di Wang, il microbiologo della Merck. Spiega dell’idea di usare l’avermectina in veterinaria e cita Gorio per quanto riguarda la caratterizzazione del meccanismo d’azione. Nulla più. Eppure nemmeno Wang ha vinto il Nobel.

Sperimentazione animale: un minuto di assurdità scientifiche

146911539In rete e sulle radio spopola lo spot della campagna “Stop Vivisection”. Ultimo in ordine di tempo a sostenerla è Beppe Grillo dalle pagine del suo celebre blog. Con un breve video di un minuto l’utente è spinto a firmare per porre fine alla barbarie. Purtroppo però, tutto quello che viene sostenuto dal punto di vista scientifico, non corrisponde alla verità. Vediamo perché:

Minuto 00:06

Un non meglio precisato signore dichiara che la sperimentazione animale è inaffidabile

Mi chiedo: perché? I dati mi sembra che parlino chiaro. L’aspettativa di vita media è aumentata sensibilmente, disponiamo di farmaci sempre più mirati, i trapianti d’organo non sono mai stati così sicuri, abbiamo eradicato definitivamente molte malattie. Tutto ciò è stato possibile passando per la sperimentazione animale. O vivo io su un altro pianeta?

Minuto 00:10

Un giovane studente universitario dichiara che i test che non prevedono l’utilizzo di animali danno risposte più rapide ed esaurienti

Mi chiedo: quali sono i test alternativi? Per amore della verità posso dirvi che esistono in campo farmacologico. Sono ottimi per selezionare ed eliminare in partenza le molecole che presentano alti livelli di tossicità e che non avrebbe senso sperimentare sull’animale. Sono test, messi a punto dagli scienziati, proprio per sacrificare meno animali possibile.

Minuto 00:16

Una giovane sotto un albero dichiara che ogni specie da risposte diverse

Mi chiedo: la ragazza ha mai sentito parlare di patterns conservati? Uomini e topi condividono gli stessi processi metabolici di base e gli stessi “patterns” molecolari. Proteine complesse umane si sono dimostrate funzionanti anche in modelli apparentemente molto lontani da noi come il moscerino della frutta Drosophila melanogaster o il curioso pesce Zebrafish.

Minuto 00:20

Una mamma, spingendo la figlia sull’altalena, si dice contraria per tutelare la salute umana

Fatico a capire il senso della frase. Posso però dire che malattie come vaiolo e poliomielite sono quasi scomparse grazie alle vaccinazioni. Del legame tra vaccino e autismo non parlo: bufala ampiamente smascherata.

Se questo è il modo di fare informazione… C’era però da aspettarselo. Ricordate il deputato grillino che crede al chip impiantato sotto pelle per manipolare le menti? Ecco, ho detto tutto.

La scienza silenziosa: una prima risposta concreta ai pazienti. In attesa di Stamina

Istituto Tiget Prof. Luigi Naldini con il suo gruppoLa scienza procede per piccoli passi. Una ricerca silenziosa lontana dalle luci dei riflettori. Una descrizione non propriamente in linea con quel che è accaduto negli ultimi mesi in Italia. Invasione e saccheggio impunito degli stabulari dell’Università Statale di Milano e metodo Stamina dello psicologo Vannoni sono gli esempi più eclatanti. Per fortuna c’è chi, in mezzo a tutto questo caos, riesce ancora silenziosamente a fare della buona ricerca. Tanto buona da riuscire a pubblicare su Science salvando realmente la vita a diversi bambini. E’ questo il caso di Luigi Naldini e soci. Personaggi sicuramente meno adatti a stare davanti alla telecamera ma che di scienza qualcosina ci capiscono. Ieri ho avuto modo di ascoltarli mentre presentavano i loro risultati. Davanti a me bambini in carne e ossa che stavano bene. Una cura a base di staminali perfettamente ingegnerizzate che, da qualche anno a quest parte, hanno cambiato drasticamente il percorso della malattia. Chiare e concise le parole di Luigi Naldini: “a tre anni dall’inizio della sperimentazione clinica i risultati ottenuti sui primi sei pazienti sono davvero incoraggianti: la terapia non solo risulta sicura, ma soprattutto efficace e in grado di cambiare la storia clinica di queste gravi malattie. Dopo 15 anni di sforzi, successi in laboratorio, ma anche frustrazioni, è davvero emozionante poter dare una prima risposta concreta ai pazienti”. Per amore di cronaca e della verità aspetto che Le Iene e Giulio Golia diano spazio a questa notizia come hanno fatto per il metodo Stamina. Farebbe loro onore.

Per saperne di più leggi l’articolo: Dalla terapia genica con le staminali una speranza per la malattia di Sofia

Per capire come funziona la cura guarda il video: Così il virus può curare la malattia

Sul blitz animalista alla Statale regna l’indifferenza. Ma a pagare sono i ricercatori e i malati

foto1Sabato scorso un gruppo di “manifestanti” ha avuto la brillante idea di barricarsi all’interno del Dipartimento di Farmacologia dell’Università degli Studi di Milano. Protesta nei confronti del governo per la scarsità di fondi alla ricerca? No, nulla di tutto questo. Dopo lunghe ore di trattative lo sparuto gruppo ha abbandonato l’edificio portando con sé centinaia di topi e conigli destinati alla sperimentazione. Il tutto nella’impunità generale.

Sui motivi che hanno spinto gli animalisti a questo estremo gesto si potrebbe discutere per ore. Discutere dell’ignoranza generale quando si parla di vivisezione, di sperimentazione animale, di protocolli che limitano al massimo la sofferenza, dell’equiparazione tra persone e topi, della necessità della sperimentazione animale in assenza di altri modelli…

Ma questi sarebbero discorsi inutili perché con lo sconsiderato gesto dei paladini dei diritti animali sono andati in fumo anni di ricerca. Sperimentazioni promettenti contro malattie quali l’Alzheimer, la tanto temuta SLA, la sclerosi multipla, il morbo di Parkinson e molte altre ancora.

Con questo blitz gli animalisti non hanno colpito nessun sistema. Hanno colpito tanti ragazzi che hanno un nome e un cognome. Ragazzi che lavorano sino a 12 ore al giorno per un compenso ridicolo rispetto a quanto viene percepito dai coetanei esteri. Ricercatori in procinto di pubblicare i risultati dei loro studi sulle più prestigiose riviste scientifiche ma che non vedranno mai la luce. Studenti che con fatica lavorano al bar la sera per potersi pagare l’affitto e continuare gli studi. In altre parole… ragazzi in carne ed ossa come voi animalisti.

Dentro quei laboratori, dove tutto avviene tranne che la tortura, oggi ci sono ragazzi disperati che piangono per aver perso tutto il loro lavoro. Ma dentro quei laboratori è stata cancellata anche la speranza di chi vive in attesa di una cura e di chi con fatica sostiene i costi della ricerca scientifica, oggi più che mai accantonata dai discorsi della vera politica.

A vincere sono stati loro, gli animalisti. Contenti e con il volto orgoglioso si fanno ritrarre con gli “ormai loro” scatoloni pieni di topi. Il tutto nell’indifferenza generale delle istituzioni. Intanto Oltremanica, sulle pagine di Nature, ci si interroga su come possa essere accaduto un episodio del genere. Non solo, Oltreoceano invece in queste ore Obama premia alla Casa Bianca studenti americani che hanno vinto competizioni nazionali di scienza, tecnologia, ingegneria e matematica.

Viva l’Italia.

Metodo Vannoni: chi sono i buoni? Chi i cattivi?

IMG_2722[1]Nei giorni scorsi ho avuto modo di assistere al dibattito organizzato da Corriere della Sera sull’ormai noto metodo Vannoni della Fondazione Stamina. Arrivato in anticipo mi sono messo in fila come tutti per poter accedere alla sala. Accanto a me non solo curiosi ma tanti malati su sedia a rotelle. In particolare sono stato colpito dalla presenza di un bambino di non più di 3 anni, seduto su una carrozzina in miniatura, accompagnato dai giovani genitori. Di fronte a situazioni così è difficile non commuoversi e rimanere impassibili.

Una volta entrati e iniziato il dibattito ho avuto la netta impressione, già dopo pochi minuti, che non sarebbe servito a nulla. Da un lato i “buoni”, il dottor Andolina e lo psicologo Vannoni, dall’altro i “cattivi”, ovvero la comunità scientifica. I buoni che propongono una cura a base di staminali e i cattivi che fanno di tutto per stoppare il nobile tentativo. Un film già visto molto simile al caso Di Bella.

I buoni affermano che la loro metodica per preparare le staminali è sicura e brevettata. L’infusione delle staminali ha portato miglioramenti in quei bambini che altrimenti non avrebbero cure per la loro malattia. Andolina ha addirittura affermato che anche in un malato di SLA, grazie al loro metodo, si sono visti segni di miglioramento. I buoni affermano anche che tutto è stato fatto secondo la legge, che loro non fanno altro che applicare le cure compassionevoli.

Per fare un po’ di chiarezza occorre partire da quest’ultimo punto. Le cure compassionevoli sono cure sperimentali che si possono utilizzare per quelle malattie che al momento non possiedono una terapia standard e certificata. Ciò avviene a patto che i dati disponibili sulle sperimentazioni siano sufficienti per formulare un favorevole giudizio sull’efficacia e la tollerabilità della cura.

Questo non è il caso del metodo Vannoni di Stamina. Il metodo dei buoni non è mai stato oggetto di protocolli di sperimentazione. Non esiste nessun dato che possa fare minimamente pensare che la metodica funzioni. Non esistono pubblicazioni scientifiche che ne dimostrino l’efficacia. Non solo: chi assicura ai genitori che il metodo sia sicuro? Non è come bere un bicchier d’acqua che, male che vada, non sortisce nessun effetto. E se fosse addirittura pericoloso? Per contro Andoina e Vannoni sostengono che a nessuno interessa la loro “cura” perché si vuole affossare questo tipo di ricerca.

IMG_2705[1]Curare queste malattie devastanti attraverso una straordinaria nuova terapia potrebbe valere il premio Nobel a chiunque. Perché non dimostrarlo? Perché Andolina e Vannoni sono così restii a pubblicare questi dati su una rivista scientifica come fanno tutti i loro colleghi? Validando scientificamente il metodo Vannoni permetterebbero a tutti i malati del futuro di usufruire della loro miracolosa cura. Perché tutto ciò non viene fatto? Non pariamoci dietro il complotto delle case farmaceutiche, qui non esiste nessuna cura che potrebbe competere con il metodo Stamina. Anzi, sarebbe proprio nell’interesse delle big-pharma accaparrarsi una cura del genere.

Di Vannoni e Stamina si potrebbe dire ancora molto (rinvio a giudizio, brevetti che non esistono ecc…) ma non è mio intento porre l’attenzione sui punti oscuri. L’attenzione vorrei che fosse posta sui malati. Il mondo scientifico cerca silenziosamente di dare loro una speranza basata sulla conoscenza. Il mondo dei buoni cerca di farlo senza uno straccio di prova documentata. Ma se nel primo caso siamo di fronte a speranza, nel secondo siamo di fronte all’illusione. Intanto sono più di 11 mila le richieste di cura pervenute a Stamina.