Carta d’identità del cielo

Avete paura degli aerei? Pensate di viaggiare su un nuovissimo velivolo ignari del fatto che ha più di 20 anni alle spalle? Qualche giorno fa, precisamente la sera di domenica 21 novembre, su un volo della compagnia aerea Meridiana si sono vissuti attimi di paura per la rottura dell’impianto di pressurizzazione. Come riporta il sito del Corriere della Sera, le cause dell’incidente sembrerebbero dovute alle scadenti condizioni in cui versano gli aeromobili di questa compagnia aerea, in molti casi vecchissimi. Per fortuna, attraverso i potenti mezzi offerti dal web, prima di prendere un aereo fareste bene a consultare il sito http://www.planespotters.net/

Di che si tratta?
Questo sito vi permette di sapere tutto sul velivolo su cui state viaggiando (o avete viaggiato!) Ecco un esempio (aereo Meridiana scelto a caso, probabilmente non è nemmeno quello che ha avuto il problema):

Come si può notare sulla coda dell’aereo vi è un codice. Esso rappresenta la “targa” dell’aereo. Conoscendolo è possibile risalire alla storia del velivolo. In questo caso il codice è I-SMEV. Inserendo il codice nel database del sito, o andando direttamente a cercare tra le varie compagnie aeree, scopriamo che questo aereo ha effettuato il suo primo volo nel 1988 quando era proprietà di Alisarda. Non dimentichiamoci però che un aereo, a cui viene fatta manutenzione, può viaggiare benissimo per più di vent’anni!

Questa precisazione è doverosa per non generare panico da aereo vecchio!

Ecco la storia:

Grazie a questo straordinario database si possono scoprire un sacco dati interessanti. Chi l’avrebbe detto mai che un velivolo della compagnia Meridiana “targato” EI-CNR in passato ha sorvolato cieli egiziani?

 

I rettili sull’isola ci arrivano in aereo

Un mio articolo su ilsussidiario.net


Link all’articolo originale

L’uomo è in grado di determinare la biodiversità di un’isola? La risposta è sì. Ad affermarlo è uno studio del dottor Emilio Padoa-Schioppa dell’Università Bicocca di Milano. La ricerca, pubblicata dalla rivista Global Ecology and Biogeography e ripresa dal prestigioso mensile “Le Scienze”, ha mostrato che le attività umane risultano essere cruciali nel determinare la biodiversità delle isole.

«Sinora -spiega Padoa-Schioppa- si è sempre ipotizzato che il numero di specie animali presenti su un’isola dipendesse quasi esclusivamente da due fattori: le dimensioni dell’isola e la distanza dalla terraferma». Questa teoria fu elaborata negli anni Sessanta da due ecologi statunitensi, Robert MacArthur e Edward Wilson.

Un modello che negli anni è stato ampiamente supportato da studi tassonomici e che ha permesso di formulare la seguente teoria: in un’isola, il numero di specie presenti è direttamente proporzionale alla sua superficie e inversamente proporzionale alla distanza dal continente. Pur essendo stata menzionata come fattore capace di influenzare la biodiversità, la presenza dell’uomo però non è mai stata utilizzata nei modelli predittivi della biogeografia insulare.

«Il nostro studio – continua Padoa-Schioppa – ha analizzato la presenza di rettili nelle isole del bacino del Mediterraneo. Esse rappresentano infatti un’area unica per valutare quanto l’influenza umana interferisca con i processi che concorrono a determinare la diffusione delle specie». Per fare ciò è stata creata una banca dati contenente tutte le informazioni disponibili sui rettili che popolano le isole del Mediterraneo occidentale e della Macaronesia, ovvero gli arcipelaghidell’oceano Atlanticosettentrionale situati al largo delle costeafricane.

Oltre a stabilire se ogni specie presente fosse autoctona o introdotta, per ogni isola sono stati valutati parametri come la superficie, la distanza dalla terraferma, il numero di abitanti e la presenza di aeroporti. «Proprio quest’ultimo parametro – spiega Padoa-Schioppa- rappresenta un ottimo indicatore per valutare l’intensità dei flussi turistici ed economici delle isole».

Tutti questi dati sono stati poi messi insieme e analizzati attraverso dei metodi statistici che si basano sulla teoria dell’informazione dei modelli ecologici. Essi permettono di valutare quale ipotesi scientifica venga meglio supportata dai dati scientifici disponibili in quel momento. Nello studio italiano le ipotesi da valutare erano tre: il modello geografico, ovvero quello che spiega la correlazione tra numero di specie in funzione di superficie e distanza dalla terraferma; il modello antropico, che vede la presenza dell’uomo come fattore chiave nell’influenza dell’ecosistema; il modello congiunto, ovvero una sovrapposizione dei due modelli precedenti.

«In particolare le analisi che abbiamo effettuato -continua Padoa-Schioppa – ci hanno permesso di affermare che il rapporto tra numero di specie e superficie dell’isola non è lineare come previsto dalla teoria». Diversamente, il numero di specie aumenta all’aumentare della superficie ma si arresta quando l’isola ha dimensioni maggiori di 1,5 chilometri quadrati.

Questo è il valore limite in cui la presenza dell’uomo comincia a essere un fattore chiave. In pratica l’antropizzazione del territorio modifica la relazione che intercorre tra superficie e specie presenti nelle isole. Inoltre lo studio ha evidenziato che isole fortemente antropizzate presentano meno specie autoctone e più specie invasive di quanto ci si aspetti considerando i soli fattori geografici.

«I risultati da noi ottenuti – conclude Padoa-Schioppa – mostrano l’enorme influenza che l’antropizzazione può avere nella distribuzione delle specie in un’isola. Questo dato deve essere il punto di partenza per lo sviluppo di modelli che tengano conto dell’azione dell’uomo, fattore che in passato non è mai stato realmente quantificato». Dunque la pressione antropica sembra diventare sempre più un fattore in competizione con le caratteristiche naturali e geografiche nel determinare la biodiversità di un’area.

Share

Oche, eutanasia e aerei

E’ di pochi giorni la notizia della mattanza o presunta tale di 400 oche avvenuta nei pressi di New York.
La ragione di questa eutanasia di massa è per salvaguardare gli aerei dal fenomeno del “bird strike”.
Nel gennaio 2009 un aereo della compagnia US Airways Flight, partito dall’aeroporto La Guardia di New York,
fu costretto a compiere uno spettacolare ammaraggio nel fiume Hudson. Una manovra che tecnicamente
viene provata spesso al simulatore di volo ma che poche volte, nella realtà, è andata a buon fine.
Si salvarono tutte le 155 persone a bordo e Chesley Sullenberger, pilota dell’aereo, è tutt’ora considerato
eroe nazionale. Un potenziale disastro causato da uno stormo di uccelli che entrarono nei motori del
velivolo mettendolo ko.

Ma è realmente così pericoloso il bird strike? Ce ne sarebbe da scrivere su questo fenomeno. Per ora,
in attesa di un articolo dettagliato che pubbicherò in futuro, preferisco far parlare le immagini. Ecco
qualche foto degli effetti catastrofici che un volatile può causare a un aereo in volo:
(dal sito http://www.birdcontrol.it)


La notizia non ha certo lasciato indifferenti gli animalisti, contrari all’abbattimento preventivo degli animali.
La motivazione sarebbe quella che le oche abbattute non sono le responsabili del bird strike ma in realtà
quelle pericolose apparterrebbero a una specie migratrice…