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Melanoma e tumore al polmone: l’immunoterapia rivoluziona le cure

Anno 2008. Giuseppe ha 50 anni e tanto ancora da vivere. Il verdetto dell’oncologo però non lascia spazio alle interpretazioni: melanoma metastatico al quarto stadio, il peggiore tra i tumori della pelle. Con le terapie di quel tempo l’aspettativa di vita medita è di 6-9 mesi. Solo il 25% sopravvive ad un anno. La ricerca però da qualche tempo comincia a produrre nuove molecole, gli immunoterapici. Giuseppe entra in una sperimentazione e oggi, a dieci anni dalla diagnosi, è ancora qui. La malattia c’è ma è sotto controllo. «Situazioni come quella descritta –spiega Michele Maio, direttore del CIO (Centro di Immuno-Oncologia) presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria Senese-  sono sempre più diffuse. Grazie all’immunoterapia oggi il cancro sta cominciano ad essere considerato una malattia cronica». I risultati presentati al congresso ASCO di quest’anno puntano tutti in questa direzione. Dopo il melanoma adesso è l’ora del tumore al polmone.

Stimolare il sistema immunitario

La svolta nel trattamento dei tumori da 10 anni a questa parte si chiama immunoterapia. L’idea è rivoluzionaria: se sino agli anni duemila l’obbiettivo era quello di sviluppare molecole dirette contro le cellule tumorali, ora nel mirino finiscono le cellule del sistema immunitario. L’idea di fondo alla base di questo approccio è sfruttare la capacità delle cellule che ci difendono di riconoscere la presenza del cancro. Per farlo i ricercatori hanno due modi: rimuovere il freno che spegne la risposta o spingere sull’acceleratore e stimolare i linfociti ad attaccare la malattia. «Se nei primi anni duemila tutto ciò era promessa –continua Maio- oggi la maggior parte dei nuovi farmaci in commercio hanno come target il sistema immunitario e l’immunoterapia rappresenta sempre più spesso la prima scelta per affrontare un tumore in metastasi».

Da mesi ad anni di vita guadagnati

I dati sulla sopravvivenza ad un melanoma a dieci anni di distanza parlano chiaro: con ipilimumab, il primo immunoterapico della storia, siamo a quota 20%, come il caso di Giuseppe. Un risultato straordinario se confrontato con l’aspettativa di vita media di 9 mesi con la sola chemioterapia. In questi dieci anni però la ricerca è andata avanti individuando nuovi meccanismi da sfruttare. Da qui sono nati, tra i tanti, nivolumab e pembrolizumab. Proprio su quest’ultimo ad ASCO sono stati presentati i primi dati di sopravvivenza a 5 anni dalla diagnosi: il 41% è vivo e nell’86% dei casi, dopo la sospensione del trattamento il sistema immunitario continua a tenere sotto controllo la malattia. «Questi risultati –spiega l’esperto- ci dicono che siamo sulla buona strada e che l’immunoterapia rappresenta l’approccio principale per affrontare il melanoma».

Tumore al polmone: copiare dal melanoma

Ma se l’immunoterapia ha rivoluzionato il trattamento di questo tumore, sempre più consistenti sono i risultati sulla bontà dell’approccio nella cura del cancro al polmone. Già da tempo anche nel nostro Paese pembrolizumab può essere utilizzato come prima scelta in alcune categorie di pazienti con carcinoma polmonare che esprimo elevati livelli della proteina PD-L1. Dagli studi presentati ad ASCO però emerge il dato che la molecola funziona anche per quelli con bassa espressione di PD-L1. Ma le novità non finisco qui perché per alcune tipologie di tumori  del polmone, il trattamento immunoterapico in combinazione con la chemioterapia determina un effetto sinergico attraverso il potenziamento della risposta immunitaria. I risultati sono ancora lontani da essere paragonabili a quelli raggiunti con il melanoma ma la strada appare simile.

Non solo immunoterapia

Accanto all’immunoterapia però guai a scordarsi delle terapie target. Al congresso ASCO sono stati presentati anche i dati relativi all’utilizzo di una molecola a target molecolare (alectinib) in grado di affrontare le metastasi cererbrali dei tumori al polmone ALK positivi, quello più diffuso tra i non fumatori. I risultati parziali dimostrano che la sopravvivenza libera da progressione con alectinib risulta triplicata rispetto a quanto accade con la terapia standard (34,8 mesi contro 10,9 mesi). Un risultato impensabile sino a poco fa.

Combinare più terapie

«Grazie alla ricerca oggi abbiamo a disposizione molte armi per controllare i tumori. Ora l’obbiettivo è riuscire a somministrare di volta in volta le giuste combinazioni tra immuniterapici, chemio e terapie target. Se eliminare del tutto il tumore non sempre è possibile, con ciò che abbiamo possiamo arrivare a rendere cronica la malattia. Il melanoma e il polmone ce lo stanno insegnando» conclude Maio. (articolo pubblicato su Tuttosalute de La Stampa, 19 giugno 2018)
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Caterina Morelli: la volontà di Dio rende tutto perfetto

Firenze, un sabato pomeriggio. Di fronte alla Basilica della SS. Annunziata è radunata una folla. La chiesa all’interno è gremita di gente. C’è chi passandoci di fronte arriva a chiedere alle persone in piazza se sono lì per un matrimonio. E’ difficile crederlo ma all’interno si sta svolgendo un funerale. L’ultimo saluto ad una giovane donna di 37 anni morta per un tumore. Un’atmosfera surreale per quello che dovrebbe essere il momento. Una circostanza che non può non suscitare domande. Come è possibile tutto ciò?

Caterina è una ragazza come tante. Medicina all’Università di Firenze, l’impegno nel CLU (il movimento degli universitari di CL), una bimba -Gaia- e l’unione in matrimonio con Jonata nel giugno 2012. Un percorso come tanti ragazzi della loro età sino a quando, pochi giorni dopo l’unione, arriva quella giornata destinata a cambiare per sempre la vita. Un giorno dove il bene e il male raggiungono il massimo della loro forza. La mattina la scoperta di un nuovo bambino in arrivo. Poche ore dopo la diagnosi di tumore al seno, una delle forme più aggressive.

I medici fiorentini inizialmente le propongono un’interruzione di gravidanza per poter intraprendere subito le cure. La paura è tanta. Caterina è medico è sa bene a cosa andrà incontro. Ma è proprio qui che la fede esplode in tutta la sua maturità. Caterina non è un’eroina. Caterina è una donna la cui fede illumina la ragione. Quella ragione che la porta a cercare di fare tutto il possibile per salvare il bimbo che ha in grembo e al contempo provare ad affrontare la malattia. Ed è così che grazie ad alcuni amici medici “Memores domini” sperimenta all’Istituto Europeo di Oncologia di Milano un approccio di cura che dopo l’intervento le consente di iniziare la chemio e, nel febbraio 2013 di dare alla luce Giacomo, per poi passare alle “maniere forti” con la malattia.

Dopo due anni, come spesso accade quando si è in presenza di tumori così aggressivi, il cancro si ripresenta con metastasi a fegato, ossa e cervello. La ricerca, che tanto ha fatto nella cura dei tumori, può garantirle ancora qualche anno di vita. Una situazione nella quale il sentimento di disperazione non può che essere il più umano. Eppure accade qualcosa. Un qualcosa che non è pianificato. Non è frutto di un bel discorso. Un qualcosa di umanamente inspiegabile e non sostenibile dalla sola nostra volontà.

Caterina ha paura, sa che dovrà lasciare i suoi due bambini e suo marito. A pensarci è straziante. Chissà quante volte avrà pensato “Questa sarà l’ultima vacanza. Chissà se ci sarà ancora un Natale insieme. L’ultimo compleanno di mio figlio”. Come diceva in uno dei suoi tanti incontri Don Vincent Nagle, prete della Fraternità San Carlo e cappellano della Fondazione Maddalena Grassi “L’angoscia è la percezione chiara e cosciente della morte senza una chiara visione del buon destino. Senza un motivo percepito come possibile di uno scopo. L’angoscia è umanamente insostenibile”.

A Caterina invece accade qualcosa. Ma questo “Qualcosa” non può essere un discorso, una serie di valori, una posizione ideologica. E’ la presenza di Dio verificata secondo quel che proprio don Vincent chiama “Ipotesi di valore”. Di fronte alla sofferenza Caterina non ha mai smesso di domandare al Signore: “Dove sei?”. “Fatti vedere!”. Ed è così che paradossalmente, nel momento che sulla carta è il peggiore della propria vita, Caterina diventa testimonianza per gli altri. Incontra vari senza tetto o senza lavoro e li ospita a pranzo o cena a casa sua, altri che hanno perduto la fede, in rapporto con lei e il marito, si riavvicinano alla preghiera e alla Chiesa. Lei che aveva bisogno diventa sostegno per gli altri.

A dicembre 2018 un nuovo peggioramento. L’ultimo della sua breve vita. In coma dal pomeriggio del 7 febbraio, attorno al suo letto per tutta la sera si accalcano gli amici che pregano e che cantano, insieme ai suoi bambini presenti, in un clima surreale di dolore e festa, come lei desiderava. Caterina muore nelle prime ore dell’8 febbraio.

Nella storia di Caterina non c’è nulla di programmato. C’è stato il suo sì, detto con dolore, all’inspiegabile volontà del Padre. Come disse don Vincent “Quando vediamo un Altro all’opera siamo noi che diventiamo più liberi, più certi. La fede non risolve i problemi ma permette di entrare nella vita con una ipotesi di valore che va verificata ogni giorno e permette una speranza e una bellezza sperimentate”. Quella bellezza sperimentata che ha portato i frati che frequentavano la sua casa ad affermare “qui c’è veramente un angolo di paradiso sulla terra”. Nessuno toglierà il dolore ai suoi bambini, al marito, ai genitori e agli amici. Ma dentro quell’inspiegabile dolore l’unica soluzione è affidarsi alla volontà di Dio, quella che rende tutto perfetto.

Daniele Banfi

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Lotta al cancro: tutte le novità da #ASCO19

Non c’è miglior luogo che il congresso ASCO di Chicago per comprendere dove si dirige la lotta al cancro. Qui sotto, in aggiornamento costante, i miei articoli:

Tumore del polmone: oggi è sempre più curabile. Una rivoluzione chiamata immunoterapia (articolo per Fondazione Umberto Veronesi)

Tumore al seno metastatico: con la terapia target la sopravvivenza a tre anni passa dal 46 al 70%. Un risultato storico (articolo per Fondazione Umberto Veronesi)

“Preparare” il tumore per batterlo con l’immunoterapia (articolo per Fondazione Umberto Veronesi)

Cancro, cure e prevenzione: l’importanza del Sistema Sanitario Nazionale (articolo per Fondazione Umberto Veronesi)

Mamme dopo un tumore al seno: gravidanza sicura sia per la donna sia per il neonato. Anche nei casi BRCA mutati (articolo per Fondazione Umberto Veronesi)

I casi di polmone e seno: dai mix terapici la filosofia emergente della cronicizzazione (articolo per La Stampa)