Caterina Morelli: la volontà di Dio rende tutto perfetto
Firenze, un sabato pomeriggio. Di fronte alla Basilica della SS. Annunziata è radunata una folla. La chiesa all’interno è gremita di gente. C’è chi passandoci di fronte arriva a chiedere alle persone in piazza se sono lì per un matrimonio. E’ difficile crederlo ma all’interno si sta svolgendo un funerale. L’ultimo saluto ad una giovane donna di 37 anni morta per un tumore. Un’atmosfera surreale per quello che dovrebbe essere il momento. Una circostanza che non può non suscitare domande. Come è possibile tutto ciò?
Caterina è una ragazza come tante. Medicina all’Università di Firenze, l’impegno nel CLU (il movimento degli universitari di CL), una bimba -Gaia- e l’unione in matrimonio con Jonata nel giugno 2012. Un percorso come tanti ragazzi della loro età sino a quando, pochi giorni dopo l’unione, arriva quella giornata destinata a cambiare per sempre la vita. Un giorno dove il bene e il male raggiungono il massimo della loro forza. La mattina la scoperta di un nuovo bambino in arrivo. Poche ore dopo la diagnosi di tumore al seno, una delle forme più aggressive.
I medici fiorentini inizialmente le propongono un’interruzione di gravidanza per poter intraprendere subito le cure. La paura è tanta. Caterina è medico è sa bene a cosa andrà incontro. Ma è proprio qui che la fede esplode in tutta la sua maturità. Caterina non è un’eroina. Caterina è una donna la cui fede illumina la ragione. Quella ragione che la porta a cercare di fare tutto il possibile per salvare il bimbo che ha in grembo e al contempo provare ad affrontare la malattia. Ed è così che grazie ad alcuni amici medici “Memores domini” sperimenta all’Istituto Europeo di Oncologia di Milano un approccio di cura che dopo l’intervento le consente di iniziare la chemio e, nel febbraio 2013 di dare alla luce Giacomo, per poi passare alle “maniere forti” con la malattia.
Dopo due anni, come spesso accade quando si è in presenza di tumori così aggressivi, il cancro si ripresenta con metastasi a fegato, ossa e cervello. La ricerca, che tanto ha fatto nella cura dei tumori, può garantirle ancora qualche anno di vita. Una situazione nella quale il sentimento di disperazione non può che essere il più umano. Eppure accade qualcosa. Un qualcosa che non è pianificato. Non è frutto di un bel discorso. Un qualcosa di umanamente inspiegabile e non sostenibile dalla sola nostra volontà.
Caterina ha paura, sa che dovrà lasciare i suoi due bambini e suo marito. A pensarci è straziante. Chissà quante volte avrà pensato “Questa sarà l’ultima vacanza. Chissà se ci sarà ancora un Natale insieme. L’ultimo compleanno di mio figlio”. Come diceva in uno dei suoi tanti incontri Don Vincent Nagle, prete della Fraternità San Carlo e cappellano della Fondazione Maddalena Grassi “L’angoscia è la percezione chiara e cosciente della morte senza una chiara visione del buon destino. Senza un motivo percepito come possibile di uno scopo. L’angoscia è umanamente insostenibile”.
A Caterina invece accade qualcosa. Ma questo “Qualcosa” non può essere un discorso, una serie di valori, una posizione ideologica. E’ la presenza di Dio verificata secondo quel che proprio don Vincent chiama “Ipotesi di valore”. Di fronte alla sofferenza Caterina non ha mai smesso di domandare al Signore: “Dove sei?”. “Fatti vedere!”. Ed è così che paradossalmente, nel momento che sulla carta è il peggiore della propria vita, Caterina diventa testimonianza per gli altri. Incontra vari senza tetto o senza lavoro e li ospita a pranzo o cena a casa sua, altri che hanno perduto la fede, in rapporto con lei e il marito, si riavvicinano alla preghiera e alla Chiesa. Lei che aveva bisogno diventa sostegno per gli altri.
A dicembre 2018 un nuovo peggioramento. L’ultimo della sua breve vita. In coma dal pomeriggio del 7 febbraio, attorno al suo letto per tutta la sera si accalcano gli amici che pregano e che cantano, insieme ai suoi bambini presenti, in un clima surreale di dolore e festa, come lei desiderava. Caterina muore nelle prime ore dell’8 febbraio.
Nella storia di Caterina non c’è nulla di programmato. C’è stato il suo sì, detto con dolore, all’inspiegabile volontà del Padre. Come disse don Vincent “Quando vediamo un Altro all’opera siamo noi che diventiamo più liberi, più certi. La fede non risolve i problemi ma permette di entrare nella vita con una ipotesi di valore che va verificata ogni giorno e permette una speranza e una bellezza sperimentate”. Quella bellezza sperimentata che ha portato i frati che frequentavano la sua casa ad affermare “qui c’è veramente un angolo di paradiso sulla terra”. Nessuno toglierà il dolore ai suoi bambini, al marito, ai genitori e agli amici. Ma dentro quell’inspiegabile dolore l’unica soluzione è affidarsi alla volontà di Dio, quella che rende tutto perfetto.
Daniele Banfi