Il miglior modo per imparare una cosa è farla. Anche se la frase può sembrare ovvia, nella realtà dei fatti quando si parla di semplici interventi chirurgici il giovane medico arriva con un bagaglio teorico ricco e nessuna esperienza sul campo. A differenza però di un meccanico che deve agire sul motore dell’auto, quando si ha di fronte un uomo gli errori non sono ammessi. Ecco perché il metodo migliore per apprendere come operare è quello su cadavere. Oggi più che mai imparare dai corpi senza vita è di fondamentale importanza per formare i nuovi specialisti di domani. E’ per questa ragione che negli ultimi anni anche in Italia stanno nascendo i “cadaver lab”, vere e proprie strutture dove apprendere come eseguire interventi chirurgici complessi. Una di queste, la prima nel nostro Paese all’interno di una struttura ospedaliera, è stata aperta da pochi mesi presso il Polo Scientifico e Tecnologico MultiMedica di Milano.
Non solo anatomia
«Quando si tratta di eseguire un’operazione sul corpo di un paziente -spiega il professor Giorgio Pajardi, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Chirurgia della Mano del Gruppo MultiMedica di Milano e Direttore Scientifico di CadaverLab- l’esperienza è tutto. Non basta conoscere a perfezione l’anatomia, occorre quella manualità che solo il “fare” consente di acquisire. Simulare un intervento su di un manichino o un preparato anatomico non umano non è minimamente paragonabile alla situazione reale. E’ da questa esigenza che nascono i “cadaver lab”». Dalle prime dissezioni, praticate a scopo di ricerca anatomica già nel III secolo avanti Cristo, passando attraverso lo studio vinciano della “macchina umana” in epoca Rinascimentale, l’analisi dell’anatomia umana si apre oggi a modalità di apprendimento scientificamente avanzate per consentire al medico chirurgo di affinare le proprie capacità di intervento sul paziente.
Imparare procedure d’urgenza
A differenza di quanto si potrebbe essere portati a pensare, i “cadaver lab” non sono delle sale di anatomia patologica dove poter sezionare i corpi bensì delle vere e proprie sale operatorie identiche a quelle utilizzate per le persone in vita. «La peculiarità principale del “CadaverLab MultiMedica” -continua Pajardi- è il suo inserimento all’interno di una struttura ospedaliera. Offrire una formazione dedicata ai colleghi chirurghi facendoli operare sul cadavere, illustrare allo specializzando come si posiziona ad esempio una placca su un osso o mostrare al chirurgo già capace come posizionare una nuova placca sono momenti paradigmatici dell’insegnamento pratico. Come accadeva una volta nella bottega dell’artigiano, queste strutture consentono di imparare dal maestro riproducendo su di un cadavere quanto osservato». Ma a beneficiare di questo approccio non sono solo i chirurghi che devono realizzare operazioni programmate bensì quelli che ogni giorno si occupano di medicina d’urgenza, in particolare quella del pronto soccorso. Con i “cadaver lab” infatti è possibile imparare procedure d’emergenza quali intubazioni, drenaggi toracici d’urgenza o posizionamento di stent per il trattamento di infarti ed ictus.
Ancora nessuna legge sulla donazione del corpo
Ad oggi nel nostro Paese la diffusione di queste strutture è ancora limitata. Tra le varie problematiche quella principale è relativa al reperimento dei cadaveri. I donatori non mancherebbero ma ad oggi -unico Paese nell’UE- non c’è ancora una legislazione che consenta l’utilizzo dei corpi di coloro che desiderino donare le proprie spoglie alla ricerca scientifica. Ecco perché se si vogliono effettuare questo genere di esercitazioni l’unica via possibile in Italia è l’importazione del cadavere intero o delle porzioni su cui effettuare le prove. «Per dare un’idea degli investimenti da sostenere in mancanza di una legge, una singola mano costa circa 600 euro» racconta l’esperto. Un costo non indifferente che potrebbe essere abbattuto: secondo una recente indagine si calcola che ogni anno l’Italia spenda oltre un milione di euro per importare dagli Stati Uniti i corpi su cui esercitarsi.
Esportare cervelli, importare cadaveri…
«In 24 ore presso il CadaverLAB di Multmedica un chirurgo può acquisire le nuove tecniche d’intervento, praticarle in prima persona e osservarle in sala operatoria applicate direttamente sul paziente in ospedale. Si tratta di una formazione completa, che per la prima volta i chirurghi italiani possono ricevere nel proprio Paese senza doversi recare all’estero» conclude Pajardi. La speranza è quella che queste realtà si diffondano sempre più. Dopo i pionieri del centro di Arezzo e ora MultiMedica sono poche le realtà a riguardo. Il rischio concreto è quello di continuare a esportare sempre più cervelli ed importare, a pagamento, sempre più cadaveri.
(Articolo completo. Un riassunto è stato pubblicato su La Stampa del 21 febbraio 2018)