Cannabis: per quali malattie è indicata?

E’ possibile curarsi trovando anche piacere nell’assumere un farmaco? Secondo alcuni sostenitori dell’utilizzo della cannabis la risposta è affermativa. Che sia vero o meno nel dibattito sul reale utilizzo della marijuana a scopo terapeutico occorre innanzitutto una precisazione: «la cannabis che viene acquistata e fumata illegalmente nulla ha a che vedere con quella utilizzata come medicinale. Quest’ultima infatti ha una composizione e un metodo di somministrazione ben differente dalla prima e attualmente, a causa della poca ricerca, non sono molte le patologie nelle quali si è dimostrata efficace» spiega il dottor Vittorio Guardamagna, direttore della Divisione di Cure Palliative e Terapia del Dolore presso l’Istituto Europeo di Oncologia di Milano.

Ma perché tutto questo interesse verso la cannabis come farmaco? Il segreto è racchiuso nelle infiorescenze della pianta: all’interno di esse vi è un complesso di molecole che agiscono principalmente a livello del sistema nervoso centrale e periferico. Le più note sono THC e CBD. Il THC è responsabile dell’effetto farmacologico, il CBD ne tampona l’azione psicotropa. La prima compete con la seconda e l’effetto principale è di tipo analgesico e rilassante. Ciò avviene perché le principali sostanze contenute nella marijuana interagiscono con i recettori endocannabinoidi, particolari proteine responsabili della regolazione di dolore, appetito, umore e memoria. Fondamentale è il fine bilanciamento nella composizione dei due principi attivi e la presenza di  altre molecole capaci di migliorare il legame di THC e CBD ai propri recettori.

Ad oggi sono solamente cinque i farmaci a base di cannabis legalmente autorizzati al commercio. «La somministrazione di questi -continua l’esperto- avviene principalmente nelle persone sottoposte a chemioterapia. Numerosi studi indicano infatti che la cannabis può essere utilizzata nel controllo di nausea, vomito ed appetito, disturbi tipici di chi sta affrontando le cure. Accanto a questo utilizzo, sempre confermato da parziale letteratura medica, la cannabis può essere utilizzata nel trattamento del dolore cronico. Inoltre, nonostante l’assenza di studi che ne dimostrino la reale efficacia, la marijuana viene utilizzata nella gestione del dolore in chi soffre di sclerosi multipla e sindrome di Tourette. Studi preliminari stanno infine valutandone l’utilizzo nell’ambito della fibromialgia, una patologia cronica di difficile cura che affligge migliaia di pazienti in Italia ed in Europa». Diverso è il discorso del Sativex, un farmaco contenente solo ed esclusivamente THC e CBD ed utilizzato nella sclerosi multipla, utile a controllare gli spasmi muscolari ma non il dolore.

L’interesse verso questa pianta come medicinale è nato alcuni decenni fa dall’esperienza diretta dei consumatori che ne facevano uso per lenire il dolore. Un’iniziativa “dal basso” che ha portato sempre più numerosi gruppi di ricerca a studiarne gli effetti. La cannabis reperibile attraverso vie alternative –e dunque non sottoposte ad un controllo delle caratteristiche all’interno della filiera produttiva- non  è detto che sia priva dell’effetto terapeutico. Il segreto è la qualità della pianta e la via di somministrazione. «Preparati da inserire negli alimenti, cartine riempite per ottenere infusi e il classico spinello in realtà, nonostante siano le modalità di assunzione più gettonate, disperdono una quantità notevoli di molecole» spiega Guardamagna. La ragione è puramente chimico-fisica: i cannabinoidi per esplicare la loro azione devono essere attivati passando per una reazione chimica chiamata “decarbossilazione”. Si tratta di una reazione che avviene quando le molecole sono sottoposte ad alte temperature, ben oltre i 100 gradi. Partendo da questo presupposto il miglior metodo di assunzione per utilizzare la cannabis terapeutica massimizzandone l’effetto rimane l’estratto in olio.

Attualmente tutta la cannabis in commercio come farmaco è prodotta dall’azienda olandese Bedrocan. Da gennaio sul mercato saranno disponibili i primi prodotti realizzati dallo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze. Il prezzo medio per grammo di prodotto è di 25-30 euro. Quanto all’accesso, purtroppo, la situazione rimane a macchia di leopardo: alcune Regioni rimborsano interamente il prodotto per alcune specifiche patologie, altre non prevedono alcun contributo. «Come fu per gli oppioidi, prima visti con sospetto e oggi ampiamente commercializzati, credo che la cannabis terapeutica sarà sempre più usata. La ricerca su questi composti è poco più che all’anno zero e per questa ragione è lecito pensare che l’elenco delle patologie in cui il suo utilizzo migliorerà i sintomi della malattia è destinata ad allungarsi. La ricerca però viene effettuata su cannabis prodotta secondo una rigoroso metodo e per questo ben diversa da quella venduta illegalmente ottenuta incrociando piante non di certo con l’obiettivo di creare un farmaco. E’ questo il vero nodo cruciale» conclude l’esperto.

(Articolo originale pubblicato su La Stampa, 11 gennaio 2017)

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