Tra qualche ora, precisamente alle 20 del 28 febbraio 2013, la Chiesa non avrà più la sua guida in terra. Una situazione quasi del tutto inedita. Da quando un Papa decide di dimettersi? La tradizione vuole che sia la morte a decretare la fine del papato. Da qui il vecchio proverbio “Morto un Papa, se ne fa un altro”. Ora invece ci accingiamo a seguire un conclave dove il pontefice è ancora in vita. Una situazione assai diversa rispetto a quella di 8 anni fa.
Il 19 aprile 2005 ero davanti alla televisione. Un evento per me totalmente nuovo. Mai infatti avevo assistito all’elezione di un nuovo capo della Chiesa. Nato e cresciuto sotto il lunghissimo pontificato di Giovanni Paolo II per me, quell’uomo vestito di bianco, non poteva avere che un solo volto: Karol Wojtyla.
Nei giorni immediatamente precedenti l’elezione le voci sul nome del suo possibile successore erano quasi tutte in favore di un cardinale tedesco. Dopo solo due giorni di conclave, alle 18.30 circa, il camerlengo annunciò ad una piazza san Pietro gremita il nome del nuovo Papa: Benedetto XVI, al secolo Josef Ratzinger.
Confesso che rimasi perplesso. Perplesso perché di lui, sui media, si era detto e si continuò a dire di tutto. Persona intransigente, oscurantista, retrogrado e teologo lontano dalla gente. Un ritorno al passato. Un Papa che il quotidiano comunista “Il Manifesto” definì sprezzantemente, nella purtroppo storica prima pagina del giorno successivo l’elezione, “Pastore tedesco”.
Una descrizione quanto mai lontana dalla realtà proprio alla luce di questi 8 anni di pontificato. Perché per comprendere realmente chi è Benedetto XVI non basta affidarsi alla lettura di qualche titolo di giornale o di qualche opinionista schierato. A me è bastato andare a sentirlo parlare. Alcuni anni fa, per circostanze di studio, ogni mese avevo l’opportunità di seguire l’udienza generale del mercoledì in piazza San Pietro. Un’esperienza unica che mi ha aiutato a smontare, pezzo per pezzo, tutte le false teorie su Benedetto XVI.
Uomo discreto, al totale servizio della Chiesa, semplice nel parlare ma dai discorsi illuminanti. Grazie a lui ho capito che la Chiesa non è un insieme di regole da rispettare. Che per essere cristiani non bisogna essere per forza “pie donne” o gente frustrata che non vive la vita in pieno. Da lui ho capito che la fede può essere davvero ragionevole. Ciò però non è frutto di una lezione teorica ma di un percorso.
Per provarlo occorre approfondire andando oltre al sentito dire. Quel “sentito dire” capace di formare l’opinione di una persona senza che essa ne abbia mai fatto esperienza. In fondo basta veramente poco. Una ricetta riassumibile con le parole di Giovanni Paolo II proprio il giorno del suo insediamento sul trono di Pietro: “Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!” Queste mie parole spero possano essere di aiuto per chi, all’elezione del nuovo pontefice, magari storcerà il naso come feci io. Nel libro Gesù di Nazareth Benedetto XVI chiede ai lettori quell’anticipo di simpatia senza la quale non c’è alcuna comprensione. Un anticipo necessario anche per chi sarà incaricato a succedergli.